Dal backlog al branding: stessa storia, stesso sprint

Perché facciamo branding per prodotti digitali e non per aziende tradizionali o prodotti fisici.

Matteo Montolli

Partner, Design Director

Quello che segue non è un manifesto universale su come si fa branding. È il modo in cui lo affrontiamo noi, quando il cuore del progetto è un prodotto digitale. Non è l’unico approccio, ma è quello che funziona quando brand e UX sono profondamente integrati. Il brand nasce lì, è parte della roadmap.

È questione di principio

Negli anni, lavorando su decine di prodotti digitali, abbiamo capito cosa funziona davvero. E cosa no. Qui sotto, i principi che guidano il nostro modo di fare branding.

Prodotto + Brand insieme. Lavoriamo sul brand perché nasciamo dal prodotto digitale: per noi, l’identità ha senso solo se migliora l’esperienza. Non basta che sia bella, deve funzionare. Deve nascere dall’uso, non dal gusto.

Bisogni, non opinioni. Prima di scegliere un colore o una tipografia, ascoltiamo le parole degli utenti. Capire i loro bisogni ci aiuta a progettare un brand che parli la loro lingua, non il nostro ego.

Tre discipline, una sola esperienza. Quando brand, design e sviluppo collaborano, l’interfaccia funziona, il tono è coerente, e ogni dettaglio contribuisce a costruire un’esperienza unificata. 

Identità come sistema vivente. Un brand ben progettato si compone come un Design System: token, componenti, pattern visivi. Deve poter crescere con il prodotto, senza dover ricominciare ogni volta da zero.

1. Siamo specializzati in design e sviluppo di prodotto digitale e realizziamo brand per startup

Tre cose da chiarire subito:

  1. Moze nasce come studio di design e sviluppo tecnologico di prodotti digitali. È il nostro mestiere da sempre, e il nostro punto di vista su tutto parte da lì.
  2. Quando lavoriamo sul brand, lo facciamo per startup guidate dal prodotto, con team che sanno quanto conti l’esperienza d’uso nel definire l’identità.
  3. Non siamo amanti dei «manualoni del branding da 150 pagine» pieni di regole scolpite nella pietra. Preferiamo sistemi pratici, vivi, pronti a crescere con il prodotto.

Perché tutta questa selettività? Per la stessa ragione per cui un sarto non cuce lo stesso abito per tutti. Un vestito funziona solo se nasce dalle misure, dai gesti e dall’uso di chi lo indosserà. Così progettiamo anche il brand: partiamo dal prodotto, da come viene usato e da ciò che deve comunicare ogni giorno a chi lo vive.

Il risultato non è un capo da passerella, ma un abito da indossare. Competenze diverse, tagli diversi. Il nostro territorio naturale è il digitale, fatto di pixel, parole e micro‑interazioni. Se il prodotto è la struttura, il brand è il taglio che la rende unica, riconoscibile e coerente in ogni situazione.

2. Branding guidato dai bisogni

Usiamo il framework Jobs-to-be-Done per ancorare il brand a bisogni concreti, non a preferenze personali. Ecco come:

  1. Interviste con utenti reali o potenziali, per capire cosa li muove, cosa cercano, dove sbuffano e dove sorridono.
  2. Mappatura dei “jobs: raccogliamo i bisogni funzionali, emotivi e sociali che portano le persone a scegliere e integrare il prodotto nella propria vita.
  3. Storytelling che traduce quei bisogni in un linguaggio di brand: tono, voce, scelte visuali che fanno da specchio a ciò che l’utente sente.

È un modo per progettare identità che risuonano. Non quelle del founder (“mi piace il viola”), né quelle del designer (“voglio un Grotesk bold”), ma quelle che servono davvero agli utenti.

3. UX, Tecnologia e Brand: il triangolo perfetto

Siamo designer, developer e researcher allo stesso tavolo. Non perché è cool, ma perché sappiamo quanto serva guardare il prodotto da tre angolazioni contemporaneamente: funzionalità, tecnologia, significato.

Ci abbiamo messo anni a trovare il modo di far dialogare il design e la tecnologia, ma quando queste voci dialogano davvero, succede una cosa rara: landing page, onboarding e persino email di benvenuto – tutto inizia a suonare come fosse pensato dalla stessa testa. Ed è proprio così che dovrebbe essere.

Non si tratta solo di allineamento estetico. Si tratta di esperienza unificata. Di far vivere un’identità in ogni momento d’uso, anche quelli che di solito si danno per scontati.

4. Costruire sistemi, non cattedrali

Le startup sono come racconti in fase di scrittura. Partono da una bozza, cambiano struttura, riscrivono interi capitoli e a volte ribaltano il finale. In questo contesto, l’identità non può essere un titolo definitivo inciso sulla copertina, ma deve funzionare come una voce narrante flessibile, capace di adattarsi al tono della storia che evolve.

Un’identità ben progettata sa stare al passo con la narrazione, senza forzarla. Non serve a incorniciare il caos con regole rigide, ma a dargli una forma che permetta di riconoscere un filo conduttore anche nel cambiamento. Il brand non è lì per congelare un’identità, ma per renderla leggibile mentre si evolve, per dare coerenza alle transizioni e continuità al racconto.

Deve essere modulare. Progettata in modo che ogni elemento – visivo, testuale, tonale – possa evolvere senza dover rifare tutto da capo. Come un Design System ben pensato: cambi un token e il resto segue.

Deve accettare l’evoluzione. Per questo rilasciamo una prima versione in 6‑8 settimane, poi iteriamo. Non perché amiamo l’incompiuto, ma perché sappiamo che sarà l’uso reale a far emergere le esigenze vere.

Deve restare fedele al DNA. La visione, la missione, gli archetipi di fondo sono la struttura portante. Tutto il resto, stile, tono, immaginario, può (e deve) maturare.

Le Brand Guidelines non sono il finale del libro. Sono appunti a margine, capitoli provvisori, note dell’editor: servono a dare coerenza mentre la storia si scrive, non a bloccarla. Quando le trattiamo come verità assolute, rischiano di trasformarsi in citazioni incorniciate: belle da rileggere, ma staccate dalla trama che va avanti.

Il nostro processo (in breve)

Il Brand Sprint parte con una giornata di workshop per definire la vision, analizzare il contesto competitivo e esplorare la personalità del brand. Segue una settimana di ricerca con interviste e analisi per raccogliere insight. In due settimane di esplorazione si sviluppano moodboard e concept visivi testati in prototipi interattivi. Successivamente si costruiscono gli asset del brand, tra cui logotipo, palette, tipografia, iconografia, tono di voce e un mini-manuale d’uso. Infine si realizza un primo Design System con token, componenti Figma e documentazione per il passaggio allo sviluppo.

In 6-8 settimane costruiamo insieme, passo dopo passo, con momenti di confronto settimanali e output sempre concreti. Niente presentazioni e fuochi d’artificio. Preferiamo discutere di cosa funziona e cosa no, ascoltare i feedback e iterare subito. Così il brand prende forma in modo naturale, dentro al prodotto, senza forzature.

Quando ha senso lavorare con noi sul brand

  • Stai raggiungendo il product-market fit e vuoi allineare l’identità alla prossima fase di crescita.
  • Il tuo prodotto funziona ma “non suona” ancora come la tua visione.
  • Ti servono Design System e brand che parlino la stessa lingua.
  • Vuoi decisioni basate su insights, non sull’estetica del momento.

TL;DR

Brand e prodotto nascono nello stesso sprint. Un’identità solida migliora la UX, parla il linguaggio degli utenti e cresce veloce insieme alla roadmap. Noi ci occupiamo di branding per startup perché, in quella particolare fase che è la ricerca del product-market fit, l’identità di prodotto e l’identità dell’azienda coincidono. Se questo ti sembra sensato, siamo già d’accordo.



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