Guida galattica per Junior Designer
Dopo un anno di lavoro in Moze, una giovane designer scrive una guida per i suoi coetanei per aiutarli ad affrontare al meglio i loro primi passi nel mondo del lavoro.
Sono Emily, Designer in Moze da quasi un anno. Ho una laurea magistrale in Communication Design al Politecnico di Milano e prima di lavorare qui ho fatto altre esperienze come designer, sia in studi e agenzie sia come freelance; in Moze mi occupo di progettazione dell’esperienza utente e dell’interfaccia utente per diverse realtà. Se anche tu come me provieni da un percorso formativo mirato, magari una facoltà universitaria o un corso post-diploma in comunicazione o design, potresti provare nei primi mesi di lavoro una sensazione di straniamento mista a un forte ottimismo e voglia di fare, conoscere, imparare. Probabilmente ti sentirai un po’ spaesato/a, a volte dubiterai delle tue capacità e competenze, in altri giorni anche un semplice “bravo/a!” ti sembrerà un’enorme vittoria personale.
Molte cose cambiano quando si passa dal mondo dell’istruzione a quello del lavoro: è proprio come un salto tra un pianeta e un altro. Magari, come me, hai avuto la fortuna di intraprendere già qualche viaggio interstellare facendo le prime esperienze lavorative durante gli anni universitari, e quindi sarai già consapevole delle differenze tra un pianeta e l’altro. Concorderai con me, o scoprirai, che i cambiamenti non sono pochi e possono portare con sé, oltre alle incertezze, anche nuove risorse e opportunità di crescere.
Per questo ho pensato che potesse essere utile mettere a terra una lista di consigli per i miei coetanei (e non) che si affacciano a questo mestiere per la prima volta. Non ho la pretesa di avere le risposte a tutte le domande (tranne alla domanda fondamentale, e la risposta, lo sapete, è: 42!), ma concedimi un tentativo nel tracciare questa piccola Guida Galattica.
Ecco, quindi, la mia “trilogia più che completa” in cinque consigli:
1. Non farti travolgere dalla velocità con cui imparerai (o disimparerai) molte cose.
Quando atterrerai sul pianeta lavoro ti ritroverai, molto probabilmente, ad assorbire nuove competenze in gran velocità, e allo stesso tempo a renderti conto che molte nozioni imparate nel tuo percorso di studi sono datate, distaccate dalla realtà lavorativa oppure parziali e integrabili con nuove consapevolezze. Non tutto ciò che hai studiato era per forza utile, o fondamentale, e ci sono cose che devi ancora imparare che invece ti renderanno un/a designer migliore.
Preparati a cambi di prospettive e nuovi punti di vista, anche perché ogni esperienza, sia formativa che lavorativa, è diversa: per esempio, all’università ero abituata a progetti e valutazioni di gruppo, mentre ora sono più responsabile del mio lavoro e dei miei progetti in crescente autonomia e indipendenza, e questo cambiamento ha portato con sé un po’ di paura ma anche grandi soddisfazioni personali.
Inoltre, se prima ogni progetto veniva revisionato con una precisa cadenza, magari una volta alla settimana, ora il flusso lavorativo è un costante compromesso tra feedback e fix, tra un “cosa ne dici?” e un “qua ci lavorerei ancora un po’…”. Non c’è più un esame finale, una valutazione delle capacità di esposizione o della qualità delle proprie presentazioni (e meno male, dico io!), ma c’è forse una cosa ancora più spaventosa: la deadline del progetto, l’hand-off agli sviluppatori o la consegna degli asset al cliente. Ci sono dunque tantissime cose a cui dovrai adattarti: non farti spaventare ma anzi, accogli il cambiamento come parte del tuo percorso di crescita.
2. Chiedi, chiedi, chiedi. Le domande stupide esistono ma ti è permesso farle (almeno per un po’).
Quando atterri su un nuovo pianeta diventi l’alieno/a: è normale che qualcosa ti sfugga, che tu non abbia la totale padronanza del terreno su cui cammini. Forse l’aspetto più bello di essere una figura junior è proprio il fatto che nessuno si aspetta che tu abbia la verità in tasca, che tu sia il/la miglior designer sulla piazza o che tu abbia tutte le competenze che ha il tuo capo o il tuo design director.
Io per esempio sviluppo sempre una sorta di ansia da prestazione: “ma sono davvero in grado di fare questo lavoro?” o “questa cosa non l’ho mai fatta, capiranno tutti che non sono capace”. Il mio consiglio, se mai dovessi incappare in questi brutti pensieri, è per quanto possibile di capovolgerli affinché diventino uno spunto motivazionale: “ho così tanto da imparare, chissà quanto migliorerò in un anno” o “ho l’opportunità di dimostrare che non mi spaventa l’idea di crescere e migliorarmi”.
Nessuno, in un ambiente di lavoro sano, si aspetta che tu sappia già ogni cosa, e finché dimostri impegno e voglia di imparare ciò che ancora non sai non rappresenterà un problema ma un’opportunità. Per questo ti dico “chiedi, chiedi, chiedi”: difficilmente risponderti sarà una scocciatura, perché per i tuoi capi sarà un’opportunità per formarti e indirizzarti verso il modo corretto di lavorare (e questo giova anche a loro), mentre per i tuoi colleghi sarà un’opportunità di scambio e crescita. Insomma, goditi un po’ questo periodo da junior, che gli scivoloni ti sono ancora perdonati.
3. La tua opinione vale più di quanto credi (ma non amarla troppo).
Ci può capitare di credere che in quanto membri junior del team non abbiamo il diritto di portare le nostre idee in un progetto o il nostro personale contributo all’interno dell’azienda, e invece non c’è nulla di più controproducente che tacere per paura di sbagliare.
Se per esempio lavori con colleghi e figure più senior di te non avere paura di far valere le tue idee (se supportate da sufficiente logica): non si tratta tanto di “vincere” la discussione, ma di stimolarla con nuovi punti di vista. L’importante infatti è non affezionarsi alle proprie idee, ma al desiderio di trovare la giusta soluzione. Spesso i senior finiranno per avere ragione, ma tu avrai capito perché la tua idea non era ottimale o attuabile, e loro avranno visto che hai la capacità di pensare fuori dagli schemi e di farti valere.
Questo discorso vale per proposte di ogni tipo: condividi quel corso intensivo di UX Research che ti piacerebbe frequentare, oppure la lettura di un libro che ti sembra interessante, o la partecipazione a un evento che hai visto sui social. Spesso gli “ultimi arrivati” hanno prospettive differenti e sanno portare nuova linfa in una realtà.
4. Parla con i developer: non mordono.
All’università ho avuto poche occasioni di vedere un progetto ipotetico diventare realtà. Ho imparato a progettare slide degne di un lancio Apple per mostrare al professore il mio lavoro, ma non ho mai dovuto sviluppare, o passare a uno sviluppatore, il mio progetto affinché diventasse realtà. È dalle mie prime esperienze come digital designer freelance, e ora in Moze, che ho compreso davvero quanto confrontarsi con i propri colleghi sviluppatori sia imprescindibile quando si progettano prodotti digitali, e non solo al momento dell’hand-off, ma già dall’inizio e per tutta la durata del processo di design.
Ho la fortuna di lavorare in un team in cui si dà molta importanza alla collaborazione tra designer e developer. Il developer, nel caso tu ancora non lo sapessi, è quella figura mitologica che siede di fronte a te o nell’ufficio accanto, ed è una persona vera, con le sue paure e le sue ansie (il 90% di queste riguardano proprio il file di Figma che gli consegnerai): offrigli un caffè e disturbalo, con tatto e gentilezza, per chiedergli se quel gradiente che si sposta al passare del mouse è così tanto difficile da sviluppare, o se il modo in cui hai progettato i componenti dell’interfaccia per lui ha senso.
Credo che sia fondamentale per noi designer imparare a pensare anche come sviluppatori: conoscere e padroneggiare la logica che soggiace allo sviluppo dei prodotti digitali, specialmente per quanto riguarda la parte front-end, è a mio avviso una competenza tanto importante quanto avere un approccio user-centered o essere capaci di presentare un progetto. Saper pensare come uno sviluppatore ti renderà un/a designer più consapevole e forse un giorno tutti insieme riusciremo a porre fine alla fantomatica faida tra designer e sviluppatori front-end. N.B.: Lo sviluppatore back-end invece è davvero una creatura leggendaria e se ne avvisti uno rimani immobile e non provocarlo. Forse è innocuo.
5. Divertiti e sii te stesso.
L’ultimo consiglio è un po’ scontato, ma non per questo meno utile. Anzi, forse è davvero quello che più vale la pena ricordare, perché spesso ce ne dimentichiamo quando atterriamo in un ecosistema e siamo “i nuovi arrivati”, e, presi dall’ansia di dimostrare il nostro valore, ci lasciamo scappare la parte più divertente e stimolante del lavoro. Fai amicizia, confrontati con colleghi e superiori, sii curioso/a e non avere paura di essere ciò che sei (sempre mantenendo la tua professionalità, si intende).
Ti hanno scelto per questo lavoro per ciò che sei. A meno che nel CV tu non abbia scritto di saper leggere il sanscrito o di essere in grado di fare un triplo salto carpiato senza che queste cose corrispondano a verità, non ti preoccupare: ciò che sei e ciò che sai andrà benissimo e sarà abbastanza. L’importante è che tu sia in grado di mantenere viva dentro di te quella “fame” di crescere e di padroneggiare nuove competenze che avevi durante il percorso di studi. Perché la verità è che, anche se ora sei a tutti gli effetti un designer, non finirai mai di imparare cose nuove.